Da un po’ di giorni è arrivata la primavera e con essa le prime belle giornate prima dell’arrivo dell’estate, la bella stagione per eccellenza. E in Sicilia, quando cominciano ad esserci le prime belle giornate si pensa solo ad una cosa: scampagnata!
Ebbene si, è vero: noi siciliani spesso e volentieri pensiamo solo a mangiare. Ma d’altronde con tutte le bontà di cui disponiamo come non pensarci, sarebbe quasi un peccato. E allora ecco che le scampagnate diventano il luogo in cui ogni siciliano doc riesce a dare il meglio di se:
– “Cumpari Vitu, com’è, chi manciasti pi stu primu maggiu?”
– “Ma nenti cumpari Petru, la matina arrustemu du sardi, un pocu di sosizza e la sira pasta cu l’agghia!”
– “Niatri fiscimu tuttu pisci: sardi, trighie, scurmi, ammaru e calamara… Scialamu!”
Ecco, questa è una delle discussioni tipo in cui si ci potrebbe imbattere il giorno dopo una festa di campagna trascorsa in Sicilia.
Ovviamente anche io non sono stato da meno. In compagnia di amici, in campagna del carissimo Pietro e della moglie Tera (che ogni anno non mi fanno mancare il loro invito) ho cercato di dare anche io il mio contributo affinché questo Primo Maggio potesse trascorrere all’insegna del buon gusto e dell’allegria.
La giornata è partita bene grazie al bel sole che ci ha accompagnati tutto il giorno. Si comincia “addumannu lu focu” (1), pratica prettamente maschile, e “quariannu la rarigghia” (2). Nel frattempo qualcuno ha già preparato tutto ciò che deve andare sulla brace: peperoni, melanzane, salsiccia, pancetta e costine di maiale, il tutto condito con “ogghiu di casa” (3) ed erbe aromatiche siciliane rigorosamente coltivate in campagna. Ovviamente, in ogni scampagnata siciliana che si rispetti, non deve mancare “l’ammugghiu d’agghia” (4), sennò che piacere c’è!
Dopo aver mangiato e bevuto (vino buono, ovviamente) abbastanza, si cerca un po’ di relax. Si sa “panza china voli riposo” (5). Ora voi immaginate questa scena: sono circa le due di pomeriggio, siamo in aperta campagna e il sole qui raggiunge temperature inimmaginabili. Come si fa a riposare? A questo punto ci viene in soccorso lei, “la ficara” (6), con i suoi rami e le sue foglie che stanno li quasi a formare un tetto, un rifugio, pronta a riparaci dal sole caldo di Sicilia e a donarci un po’ di fresco.
Dopo un breve e meritato riposo al fresco sotto l’albero da fico, decido di fare due passi tra le terre della campagna di Pietro che, oltre a tutto l’occorrente per organizzare una scampagnata siciliana doc, ha realizzato un bell’orto dove coltiva insalate, cipolle, pomodori, carciofi, melanzane… e dove è possibile trovare alberi da frutto e alberi d’ulivo.
Le pecore, invece, erano solo di passaggio!
…mentre per finire non dovevo mancare le sfince preparate dalla signora Tera, perfetta padrona di casa e grandissima cuoca. Un dolce antico, della tradizione, preparato con pochi ingredienti: farina, patate, acqua, un po’ di lievito e delle scorze di agrumi per aromatizzare l’impasto. Con la mano si formano delle piccole palline e si immergono nell’olio di semi bollente.
Ancora calde si mescolano con lo zucchero e la magia è fatta… Da mangiare rigorosamente calde!
E così finisce questa scampagnata, con le pance piene di bontà e con l’allegria che ci ha accompagnato durante tutta la giornata. Perché il cibo non è solo mangiare, non serve solo a farci vivere. Il cibo, prima ancora di essere tutto ciò, è convivialità e cultura.
Ricordiamocelo sempre!