La freschezza e la fragranza dei vini bianchi siciliani, la sapidità e la mediterraneità dei rosati e delle bollicine, la modernità dei rossi autoctoni, rappresentano la produzione vitivinicola di questa estate siciliana.
Una delle più eterogenee degli ultimi anni, qualitativamente molto ricca e diversificata, l’annata siciliana 2022, appena entrata nel mercato, conta circa 4,3 milioni di ettolitri.
Una produzione in media con gli ultimi 5 anni ma con un -8,9% rispetto alla media degli ultimi 10 anni. È l’estate dei bianchi capaci di coniugare eleganza e ricchezza aromatica, dei rosati e spumanti che si contraddistinguono per innovazione, equilibri acidi, sapidità e lunghezza.
La modernità delle varietà autoctone rende i vini rossi della scorsa vendemmia particolarmente attuali, con fragranze e caratteri distintivi che favoriscono il consumo tra i giovani e tra quelli che ricercano una Sicilia da bere contemporanea e fresca.
Nel report sull’Annata 2022, presentato durante Sicilia en Primeur 2023, emerge che i territori viticoli siciliani, estremamente diversi per peculiarità orografiche, ampelografiche e microclimatiche, hanno vissuto una buona annata produttiva, nella media degli ultimi anni, con un incremento nella ricchezza delle diverse espressioni qualitative per le diverse varietà.
Nonostante i dati climatici europei molto preoccupanti, la Sicilia, vero e proprio continente viticolo, grazie alle influenze del Mediterraneo e alla ricchezza varietale presente sull’isola, possiede ancora una buona capacità di resilienza in grado di arginare gli effetti del cambiamento climatico.
Le varietà bianche autoctone, Grillo, Catarratto, Carricante e Zibibbo, grazie anche alle tecniche di gestione agronomiche adottate tradizionalmente in Sicilia, esprimono sempre più marcatamente il loro legame secolare con il clima e il territorio isolano. Ma anche Nero d’Avola, Perricone, Frappato e Nerello mascalese, con maturazioni tardive hanno risposto bene e sono quindi degli alleati validi per queste nuove condizioni di coltivazione. Sicuramente il cambiamento climatico evidenzia ed esalta sempre di più la capacità di resilienza delle varietà autoctone.
Secondo i risultati del sondaggio 2023 di Assovini Sicilia rivolto alle cento aziende associate, sono 70 milioni le bottiglie prodotte nel 2022, il 99% delle aziende intervistate produce vini DOC e il 22% vini DOCG. Nel dettaglio, oltre ai bianchi e rossi, il 27% delle aziende produce vini frizzanti, il 56% vini spumanti, il 75% vini rosati e il 51% vini da dessert. Sono oltre 19.600 gli ettari coltivati dalle cantine intervistate, distribuiti su tutto il territorio siciliano, dei quali il 34% in biologico (6.750 ha).
In questo mosaico di vigne, primeggiano i vitigni autoctoni. Grillo e Nero d’Avola sono i vitigni più rappresentativi della denominazione Sicilia: il 74% delle aziende Assovini produce uve Grillo mentre il 77% uve Nero d’Avola. Il Carricante e il Nerello Mascalese sono i vitigni tipici della denominazione Etna: con una grande concentrazione sul territorio di riferimento, il Carricante viene prodotto dal 46%, mentre il Nerello Mascalese dal 52% delle aziende Assovini.
“La varietà e qualità vitivinicola siciliana, insieme alla diversità degli areali, è la vera ricchezza del patrimonio enologico siciliano”- commenta Laurent Bernard de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia.
“I nostri associati hanno dimostrato una grande capacità nella valorizzazione delle varietà autoctone. Il binomio vino-territorio è vincente in un contesto come quello siciliano dove la vocazione dei diversi areali si traduce in una produzione di qualità capace di rispettare l’identità dei territori”- conclude de la Gatinais.
In totale, sono 14 i vitigni autoctoni più rappresentativi nella produzione degli associati, oltre a quelli già menzionati: Lucido/Catarratto (prodotto dal 64%), Insolia (44%), Grecanico (19%), Zibibbo (28%), Moscato bianco (33%), Malvasia di Lipari (6%) per le uve a bacca bianca, mentre Frappato (42%), Nerello Cappuccio (32%), Nocera (10%), Perricone (25%) per le uve a bacca nera. Tra gli internazionali, i più rappresentativi sono lo Chardonnay (48%) per le uve a bacca bianca e il Syrah (64%) per le uve a bacca nera.
“Ed è proprio nelle antiche varietà, come quelle che in Sicilia si stanno recuperando, che l’enologia post-moderna potrà attingere per ottenere dei vini contemporanei in questo contesto produttivo soggetto al climate change– afferma Mattia Filippi di Uva Sapiens, che ha curato il report sull’Annata 2022. Esistono infatti delle varietà reliquie che erano state abbandonate perché difficili da coltivare in passato o con dei profili qualitativi non adeguati nel periodo dove il mercato e il consumo cercava standard diversi. Oggi, caratteristiche come la capacità di accumulare poco zucchero, e quindi di ottenere vini meno alcolici, e la possibilità di ottenere uve con grande dotazione di acidità naturale, risultano estremamente vantaggiose sia per le condizioni climatiche dell’ultimo decennio, che per il consumo che sta ricercando queste tipologie di vino, meno alcolici, più fragranti e territoriali”- continua Filippi.